Autore:
Primo Levi
Titolo:
Se questo è un uomo
Anno della prima pubblicazione:
1947
Trama:
Il primo capitolo (Il viaggio) spiega la situazione degli ebrei italiani deportati a Fossoli nel campo di transito. Il trasferimento in Germania è comunque imminente e la maggior parte dei prigionieri sa di andare incontro alla morte quasi sicura. Il treno fa tappa al Brennero, a Salisburgo, a Vienna e ancora in Polonia. Nella carrozza ferroviaria i deportati vengono trasportati in condizioni disumane, sicché parecchi di loro muoiono.
Nel secondo e nel terzo capitolo (Sul fondo ed Iniziazione) vengono descritte le prime scene nel campo di concentramento. A ciascuno dei prigionieri, chiamati in tedesco Häftling, viene assegnato un numero che costituisce la loro nuova identità con decorrenza immediata. Si tratta di una identità carica peraltro di significati fin dall'inizio. Al suo arrivo, il protagonista ignora ancora che grazie a quelle cifre è possibile stabilire provenienza e grado di anzianità dei vari prigionieri. Fin troppo in fretta si apprendono le prime leggi del campo, come quella di non fare domande, di fingere di capire tutto, di saper apprezzare il valore di oggetti essenziali alla sopravvivenza come le scarpe ed il cucchiaio. Primo Levi tiene molto a spiegare il variegato panorama linguistico delle varie comunità etniche, compreso l'uso di termini specifici tedeschi in tutte le lingue. Vengono inoltre illustrate le funzioni delle varie baracche, i cosiddetti Block che formano il lager.
Ka-Be è il nome abbreviato dell'infermeria (baracca detta Krankenbau) che dà il titolo al quarto capitolo. In seguito ad un problema al piede, Levi viene assegnato a questo blocco, fatto che gli concede una sorta di tregua, ma non di vera e propria speranza. Come dovrà capire, il numero che il protagonista porta tatuato sul braccio si trova di poco al di sotto di duecentomila: dato che il campo ospita poche decine di migliaia di persone, è logico che centinaia di migliaia di persone sono state uccise o sono morte di stenti. Del resto, nel campo regna qualcosa come la certezza matematica che la maggior parte delle persone ancora vive è destinata a morire a medio termine. È questo quanto un gruppo di prigionieri ebrei fa capire a Levi, non senza fargli sentire un certo disprezzo. Questo atteggiamento ostile è in parte dovuto al fatto che il protagonista - essendo italiano - non parla la loro lingua, lo yiddish.
Il quinto capitolo Le nostre notti contiene tra l'altro una celebre pagina in cui il protagonista illustra il suo dormiveglia, una situazione nella quale i confini tra realtà e sogno si dissolvono. Si tratta dunque di un sonno che non regalerà mai il necessario riposo. Ogni notte infatti Levi, come gli altri internati, è periodicamente assalito da due incubi ricorrenti: Il primo riporta l'autore a casa, ignorato dai suoi amici e familiari mentre racconta le atrocità subite nel lager, il secondo illude invece Levi d'aver davanti a sé del cibo che poi scompare repentinamente ogni qual volta prova a mangiarlo.
Il lavoro, sesto capitolo, illustra tra l'altro la scarsa predisposizione di Levi ai lavori pesanti: dovendo trasportare carichi di grosse dimensioni, il protagonista rischia di morire estenuato. Ciononostante, Levi approfitta della solidarietà del compagno Resnyk, il quale lo aiuta generosamente nei compiti più gravosi.
Il settimo capitolo, Una buona giornata, presenta una nuova fase di tregua nella vita del lager. Il fatto di poter mangiare a sazietà costituisce un evento eccezionale per i prigionieri, dato che le dosi stabilite legalmente non coprono il fabbisogno energetico giornaliero. La parvenza di un minimo di normalità, d'altro canto, favorisce il riemergere della tristezza, altrimenti rimossa durante le giornate dominate dalle percosse, dalla fame e dalla spossatezza.
Il titolo dell'ottavo capitolo, Al di qua del bene e del male, allude all'opera Al di là del bene e del male di Nietzsche. Al contrario dell'eroe niciano, il prigioniero del lager viene presentato nella sua nullità. Questo capitolo illustra soprattutto il significato e le ripercussioni di un fatto apparentemente banale come il cambio della biancheria (il cosiddetto Wäschetauschen). Infatti, il lager dispone di una vera e propria borsa soggetta a regole descrivibili con una certa precisione, e sul mercato del lager le camicie dei prigionieri vengono utilizzate come merce di scambio. Si tratta di oggetti il cui prezzo è soggetto a sbalzi e ad improvvise cadute, in funzione dei capricci del mercato: oltre ai meccanismi di domanda e offerta, giocano un ruolo molto importante le manovre di speculazione messe in atto dai prigionieri.
Uno dei capitoli di maggiore importanza è senza dubbio il nono, dedicato a i Sommersi ed i salvati: Levi spiega come questa distinzione (tra candidati alla sopravvivenza o alla morte) sia per lui di importanza assai maggiore rispetto a quelle di bene e di male (praticamente impossibili da definire in maniera obiettiva). Passa quindi ad illustrare le vicende di alcuni detenuti a mo' di exempla. Il miglior modo per sopravvivere è senza dubbio quello di conquistarsi un posto al sole facendosi incaricare di mansioni speciali, diventando ad esempio un cosiddetto Kapo. La maniera ideale per far parte dei votati alla morte sicura è invece quello di adattarsi alle regole ufficiali del campo, per poi indebolirsi lentamente a causa dell'esaurimento, della denutrizione e delle malattie. (Il titolo di questo capitolo verrà ripreso come titolo dell'importante saggio del 1986).
Esame di chimica: in seguito a questa prova sostenuta presso il dottor Pannwitz, Levi viene ammesso alle mansioni di laboratorio. È questo uno dei principali fattori a garantirne la sopravvivenza nel lager, sottraendolo al destino dei cosiddettiMuselmänner, cioè dei votati alla morte certa.
L'undicesimo capitolo, Il canto di Ulisse, è ispirato al ventiseiesimo canto dell'inferno, in cui viene narrata la vicenda umana di Ulisse, guidato - come Dante e come Levi - dalla sete di sapere: il protagonista cerca di ricordarsi i versi danteschi e di tradurli ad un suo compagno di prigionia.
I fatti dell'estate: questo capitolo si riferisce al tracollo militare dei tedeschi, fatto peraltro noto ai prigionieri. Neanche alla fine della guerra, dopo lo sbarco in Normandia e la gigantesca controffensiva sovietica in Russia si sviluppa tra gli Häftling una speranza duratura: i fronti alleati sono infatti lontanissimi, mentre la necessità di risolvere gli impellenti problemi della sopravvivenza quotidiana continua ad essere onnipresente.
Ottobre 1944 (tredicesimo capitolo) illustra la sopravvivenza di Levi ad una retata di selezione da parte dei nazisti, mentre il capitolo Kraus (quattordicesimo) propone il ritratto di un prigioniero del lager.
Die drei Leute vom Labor (le tre persone del laboratorio) descrive alcune impressioni sulla nuova vita da chimico del protagonista, senza tuttavia approfondire le funzioni specifiche del laboratorio, né le mansioni svolte dal narratore. La presenza di tre donne crea un effetto estraniante.
Ne L'ultimo viene rappresentata la figura amica di Alberto, il bresciano Alberto Dalla Volta, già nota dai capitoli precedenti. Costituisce di una specie di alter ego per il protagonista. Si tratta di un personaggio sempre solidale ed estremamente ricco di inventiva e diplomazia, nonché di una figura assai amata nel campo.
Scritto sotto forma di diario, Storia di dieci giorni costituisce l'epilogo della vicenda. Siccome l'arrivo dell'Armata Rossa è oramai imminente, i tedeschi decidono di evacuare il campo facendo partire da Auschwitz almeno i prigionieri sani. Dato che si è ammalato di scarlattina e che al momento è in preda alla febbre, Levi è ricoverato e viene escluso dal trasferimento, senza sapere che però questa spedizione finirà per portare i prigionieri verso la morte. È questa la sorte riservata ad Alberto, anche se il libro non lo conferma. Sopravviveranno invece gli Häftling che, come Primo, sono malati e rimangono nel campo per assistere, il 27 gennaio 1945, all'arrivo dei sovietici.